Il paese di San Martino Buon Albergo
In epoca romana San Martino era importante come nodo viario. Dopo il ponte in pietra sul Fibbio la via Postumia, proveniente da Verona, si divideva in tre strade che collegavano l’area centuriata pedementana, la città di Vicenza (con la via Postumia) e, a destra d’Adige, con la Porcilana la città d’Este. Dai reperti romani e dalle sepolture ritrovate, anche recentemente, il territorio era abitato in modo importante fin dall’epoca di Costantino vincitore su Massenzio proprio a Verona e poi a Ponte Milvio a Roma.
Dai primi documenti storici reperiti possiamo dire che furono due gli elementi caratterizzanti il primo nucleo abitativo del centro del paese: la Chiesa di San Martino Vescovo di Tour e l’antico Buon Albergo. Queste due strutture hanno dato sicuramente il nome al paese, toponimo che verrà ufficializzato solo in epoca napoleonica quando saranno riorganizzati i comuni, agli inizi del XIX secolo, dopo il governo della Repubblica Serenissima.
I primi documenti sono dell’801 e dell’anno 894 con riferimento alla chiesa di San Martino soggetta all’abbazia di San Zeno, mentre è del 26 agosto del 1146 il primo documento che cita l’appellativo Buon Albergo, una scrittura pubblica rogata dal notaio Paltonario nei pressi della “Ecclesie Sancti Martini in loco ubi dicitur Bonum Albergum”. Il Buon Albergo è l’antica locanda di epoca tardo romana, con annesso stallaggio, che si trovava in centro del paese presso gli attuali “portegheti”. Un tempo era una delle soste obbligate, prima di entrare o uscire dalla città, per le diligenze postali, le carrozze e i cavalieri di ogni grado e lignaggio. Sandro Bevilacqua nel 1950 descrive gli abitanti del paese come “…gente che vive da molto tempo in un pianeta che non è il nostro, uomini che come noi hanno avuto potenti passioni e hanno carezzato dolcissimi sogni, hanno conosciuto l’incanto della speranza e il dramma delle delusioni. Sono i costruttori delle vie storiche illustrate ed insanguinate dal passaggio degli eserciti, sono i condottieri delle battaglie rinascimentali e napoleoniche, sono i padroni dei mulini delle gualchiere e delle cartiere che nei secoli scorsi – come ci hanno tramandato gli storici – conferivano a questo centro della provincia veronese un aspetto pittoresco veramente indimenticabile”.
Quindi se l’antica Via Maggiore del paese ha visto passare eserciti di tutta Europa, il Fibbio ha visto erigersi nei secoli fiorenti costruzioni industriali che sfruttavano le acque del fiume per far girare le ruote idrauliche le quali, attraverso un sistema di ingranaggi, animavano gli opifici, soprattutto molini, folloni e gualchiere, ferriere del ferro e rame, cartiere e pile per il riso. Tra tutte queste attività, importanti erano le cartiere, le uniche nel veronese, che portarono il paese ad una notorietà talmente alta da chiamarlo San Martino delle Cartiere. Le prime notizie sull’attività cartaria cominciano nel 1381 quando un imprenditore bresciano costruisce una cartiera sul Fibbio. I centri dei mulini da carta si svilupparono sul Fibbio in località alle Ferrazze per poi scendere lungo il fiume fino alla Cengia, poi al Ponte, al Maglio, alle Pignatte e alla Cà dell’Aglio ed ebbero molta importanza nella produzione della carta da stampa “bambagina” richiestissima nella città di Venezia. Nel 1561 si contavano sul Fibbio, da Olivè a Formighè, ben 44 strutture industriali per un totale di 93 ruote idrauliche: 22 molini, 11 folli, 6 cartiere e 5 magli.
Nel corso dell’Ottocento, ma soprattutto nel primo decennio del Novecento il paese di S. Martino conosce uno sviluppo industriale, artigianale e commerciale importante. Si costruiscono le nuove industrie, come lo zuccherificio Ligure-Lombardo, l’oleificio Oss-Mazzurana delle Ferrazze, la Cereria Barbieri, il cotonificio Crespi e l’oleificio di Mario Sacchetti. La vocazione industriale dell’area sanmartinese è confermata dalla costruzione della nuova zona industriale nel 1958 ed ultimamente con una trasformazione legata più al terziario ed al commerciale.