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Cenni storici

storia

San Martino Buon Albergo (San Martín Bon Albergo in veneto) è un comune italiano di 15 580 abitanti della provincia di Verona in Veneto.
San Martino Buon Albergo dista circa 4 km da Verona e una decina dal centro storico della città.

Storia

L’attuale comune si determina nel 1927 con la fusione del Comune di Marcellise con quello di San Martino Buon Albergo, insieme con porzioni di territorio appartenenti ai comuni limitrofi di Montorio e San Michele Extra soppressi in quell’anno. Il paese nasce e si sviluppa lungo l’antica direttrice romana della via Postumia, proprio nel luogo dove supera il fiume Fibbio con l’antico ponte in pietra, ai piedi della collina della Musella. Passaggio obbligato per l’antica via pedemontana che collega Verona con Aquilea.

D’ altronde anche oggi da San Martino passano tutte le vie terrestri di comunicazione (strade, superstrade, autostrade e ferrovie) visto che il territorio pedemontano si trova più alto rispetto all’alveo limoso antico e moderno del fiume Adige. Numerosi sono i reperti dell’età del bronzo, retica e soprattutto tardo romana ritrovati, sia nella valle di Marcellise, nel capoluogo e nelle campagne di Centegnano; dalle tombe a cappuccina, vasi, lucerne a resti di case con pavimentazioni musive, decorazioni pittoriche ed utensili di uso comune, fino alle lapidi funerarie o cerimoniali e cippi di confine. Se nel periodo romano il territorio appartiene ad una vasta centuriazione di carattere rurale, nel corso del medioevo l’area sanmartinese dipende dalla città di Verona “Campana Minor” e poi dai castelli di Montorio e di Lavagno. Solo con l’avvento della Repubblica Serenissima di Venezia, San Martino comincia ad avere una indipendenza territoriale ed economica. Due sono gli elementi architettonici che sono di riferimento territoriale per individuare il luogo in epoca medievale: la Chiesa di San Martino Vescovo di Tour e l’antico Buon Albergo. Queste due strutture daranno il nome al paese, nome che verrà ufficializzato solo in epoca napoleonica quando vengono riorganizzati i comuni, le proprietà e gli estimi territoriali, dopo la caduta della Serenissima Repubblica di Venezia.

I primi documenti sono dell’801 e dell’anno 894 con riferimento alla chiesa di San Martino soggetta all’abbazia di San Zeno, mentre è del 26 agosto del 1146 il primo documento che cita l’appellativo Buon Albergo, una scrittura pubblica rogata dal notaio Paltonario nei pressi della “Ecclesie Sancti Martini in loco ubi dicitur Bonum  Albergum”. Il Buon Albergo è l’antica locanda con stallaggio che si trova in centro del paese (i portegheti) e che un tempo era una delle soste obbligate, prima di entrare in città, per le diligenze postali, le carrozze e cavalieri di ogni grado e lignaggio.

Sandro Bevilacqua nel 1950 descrive gli abitanti del paese come “…gente che vive da molto tempo in un pianeta che non è il nostro, uomini che come noi hanno avuto potenti passioni e hanno carezzato dolcissimi sogni, hanno sconosciuto l’incanto della speranza e il dramma delle delusioni. Sono i costruttori delle vie storiche illustrate ed insanguinate dal passaggio degli eserciti, sono i condottieri delle battaglie rinascimentali e napoleoniche, sono i padroni dei mulini delle gualchiere e delle cartiere che nei secoli scorsi – come ci hanno tramandato gli storici – conferivano a questo centro della provincia veronese un aspetto pittoresco veramente indimenticabile”.

Se l’antica Via Maggiore del paese ha visto passare eserciti di tutte Europa, il Fibbio ha visto erigersi nei secoli fiorenti costruzioni industriali che sfruttavano le acque del fiume per far girare le ruote idrauliche le quali, attraverso un sistema di ingranaggi, animavano gli opifici, soprattutto molini, folloni e gualchiere, ferriere del ferro e rame, cartiere e pile per il riso. Tra tutte queste attività, importanti erano le cartiere, le uniche nel veronese, che portarono il paese ad una notorietà talmente alta da chiamarlo San Martino delle Cartiere. Le prime notizie sull’attività cartaria cominciano nel 1381 quando un imprenditore bresciano costruisce una cartiera sul Fibbio. I centri dei mulini da carta si svilupparono sul Fibbio in località alle Ferrazze per poi scendere lungo il fiume fino alla Cengia, poi al Ponte, al Maglio, le Pignatte e alla Cà dell’Aglio ed ebbero molta importanza nella produzione della carta “bambagina” soprattutto nel periodo rinascimentale.

Nel 1561 si contano sul Fibbio da Olivè a Formighè ben 44 strutture industriali per un totale di 93 ruote idrauliche: 22 molini, 11 folli, 6 cartiere e 5 magli. Oltre alla vocazione industriale e commerciale del paese, sul suo territorio si trovano numerose ville di campagna, oratori, corti rurali e complessi religiosi distribuiti un po’ dovunque; dalla valle di Marcellise, a quella delle Ferrazze, fino a Campalto e alla Mambrotta. Numerose sono state le antiche casate nobili che avevano proprietà e feudi sul territorio di San Martino: come i Cermisoni di Campalto, i Da Lisca a Formighè, i Marioni a Marcellise, a Ferrazze e Mambrotta, gli Orti-Manara a Terreno e alla corte Orti, i Malaspina alla Cà dell’Aglio, i Muselli alla Musella, a San Martino alle Case Nuove ed alla Cà dell’Aglio. Famiglie nobili che hanno lasciato prestigiose vestigia come la Villa Musella e la sua tenuta che corrisponde a circa 1/10 del territorio, villa Orti-Manara al Terreno, Villa Manara a Marcellise, dove troviamo anche il quattrocentesco Brolo Marioni, Villa Malanotte, Palazzo Portinari, la Sogara, Villa Ferrari. Altre corti importanti le troviamo all’interno della Musella come il Brolo Muselli o Palazzo Carobbi, le Ferrazzette e la Corte del Drago con l’Oratorio del 1772. Se alla Musella e nella valle di Marcellise troviamo ville di campagna nel territorio di Centegnano e Mambrotta incontriamo grandi corti rurali come la Mariona, la Mambrottina, la Falcona, la Pantina, che trovarono la loro popolarità nel corso del cinquecento quando si introdusse nella bassa sanmartinese la coltivazione del riso. Nel corso dell’Ottocento, ma soprattutto nel primo decennio del Novecento il paese di S. Martino conosce uno sviluppo industriale, artigianale e commerciale importante. Si costruiscono le nuove industrie, come lo zuccherificio Ligure-Lombardo, l’oleificio Oss-Mazzurana delle Ferrazze, la Cereria Barbieri, il cotonificio Crespi e l’oleificio di Mario Sacchetti.

La vocazione industriale dell’area sanmartinese è confermata dalla costruzione della nuova zona industriale nel 1958 ed ultimamente con una trasformazione legata più al terziario ed al commerciale.L’attuale comune si determina nel 1927 con la fusione del Comune di Marcellise con quello di San Martino Buon Albergo, insieme con porzioni di territorio appartenenti ai comuni limitrofi di Montorio e San Michele Extra soppressi in quell’anno. Il paese nasce e si sviluppa lungo l’antica direttrice romana della via Postumia, proprio nel luogo dove supera il fiume Fibbio con l’antico ponte in pietra, ai piedi della collina della Musella. Passaggio obbligato per l’antica via pedemontana che collega Verona con Aquilea. D’ altronde anche oggi da San Martino passano tutte le vie terrestri di comunicazione (strade, superstrade, autostrade e ferrovie) visto che il territorio pedemontano si trova più alto rispetto all’alveo limoso antico e moderno del fiume Adige. Numerosi sono i reperti dell’età del bronzo, retica e soprattutto tardo romana ritrovati, sia nella valle di Marcellise, nel capoluogo e nelle campagne di Centegnano; dalle tombe a cappuccina, vasi, lucerne a resti di case con pavimentazioni musive, decorazioni pittoriche ed utensili di uso comune, fino alle lapidi funerarie o cerimoniali e cippi di confine. Se nel periodo romano il territorio appartiene ad una vasta centuriazione di carattere rurale, nel corso del medioevo l’area sanmartinese dipende dalla città di Verona “Campana Minor” e poi dai castelli di Montorio e di Lavagno. Solo con l’avvento della Repubblica Serenissima di Venezia, San Martino comincia ad avere una indipendenza territoriale ed economica.

Due sono gli elementi architettonici che sono di riferimento territoriale per individuare il luogo in epoca medievale: la Chiesa di San Martino Vescovo di Tour e l’antico Buon Albergo. Queste due strutture daranno il nome al paese, nome che verrà ufficializzato solo in epoca napoleonica quando vengono riorganizzati i comuni, le proprietà e gli estimi territoriali, dopo la caduta della Serenissima Repubblica di Venezia. I primi documenti sono dell’801 e dell’anno 894 con riferimento alla chiesa di San Martino soggetta all’abbazia di San Zeno, mentre è del 26 agosto del 1146 il primo documento che cita l’appellativo Buon Albergo, una scrittura pubblica rogata dal notaio Paltonario nei pressi della “Ecclesie Sancti Martini in loco ubi dicitur Bonum  Albergum”. Il Buon Albergo è l’antica locanda con stallaggio che si trova in centro del paese (i portegheti) e che un tempo era una delle soste obbligate, prima di entrare in città, per le diligenze postali, le carrozze e cavalieri di ogni grado e lignaggio. Sandro Bevilacqua nel 1950 descrive gli abitanti del paese come “…gente che vive da molto tempo in un pianeta che non è il nostro, uomini che come noi hanno avuto potenti passioni e hanno carezzato dolcissimi sogni, hanno sconosciuto l’incanto della speranza e il dramma delle delusioni. Sono i costruttori delle vie storiche illustrate ed insanguinate dal passaggio degli eserciti, sono i condottieri delle battaglie rinascimentali e napoleoniche, sono i padroni dei mulini delle gualchiere e delle cartiere che nei secoli scorsi – come ci hanno tramandato gli storici – conferivano a questo centro della provincia veronese un aspetto pittoresco veramente indimenticabile”. Se l’antica Via Maggiore del paese ha visto passare eserciti di tutte Europa, il Fibbio ha visto erigersi nei secoli fiorenti costruzioni industriali che sfruttavano le acque del fiume per far girare le ruote idrauliche le quali, attraverso un sistema di ingranaggi, animavano gli opifici, soprattutto molini, folloni e gualchiere, ferriere del ferro e rame, cartiere e pile per il riso. Tra tutte queste attività, importanti erano le cartiere, le uniche nel veronese, che portarono il paese ad una notorietà talmente alta da chiamarlo San Martino delle Cartiere.

Le prime notizie sull’attività cartaria cominciano nel 1381 quando un imprenditore bresciano costruisce una cartiera sul Fibbio. I centri dei mulini da carta si svilupparono sul Fibbio in località alle Ferrazze per poi scendere lungo il fiume fino alla Cengia, poi al Ponte, al Maglio, le Pignatte e alla Cà dell’Aglio ed ebbero molta importanza nella produzione della carta “bambagina” soprattutto nel periodo rinascimentale. Nel 1561 si contano sul Fibbio da Olivè a Formighè ben 44 strutture industriali per un totale di 93 ruote idrauliche: 22 molini, 11 folli, 6 cartiere e 5 magli. Oltre alla vocazione industriale e commerciale del paese, sul suo territorio si trovano numerose ville di campagna, oratori, corti rurali e complessi religiosi distribuiti un po’ dovunque; dalla valle di Marcellise, a quella delle Ferrazze, fino a Campalto e alla Mambrotta. Numerose sono state le antiche casate nobili che avevano proprietà e feudi sul territorio di San Martino: come i Cermisoni di Campalto, i Da Lisca a Formighè, i Marioni a Marcellise, a Ferrazze e Mambrotta, gli Orti-Manara a Terreno e alla corte Orti, i Malaspina alla Cà dell’Aglio, i Muselli alla Musella, a San Martino alle Case Nuove ed alla Cà dell’Aglio. Famiglie nobili che hanno lasciato prestigiose vestigia come la Villa Musella e la sua tenuta che corrisponde a circa 1/10 del territorio, villa Orti-Manara al Terreno, Villa Manara a Marcellise, dove troviamo anche il quattrocentesco Brolo Marioni, Villa Malanotte, Palazzo Portinari, la Sogara, Villa Ferrari. Altre corti importanti le troviamo all’interno della Musella come il Brolo Muselli o Palazzo Carobbi, le Ferrazzette e la Corte del Drago con l’Oratorio del 1772. Se alla Musella e nella valle di Marcellise troviamo ville di campagna nel territorio di Centegnano e Mambrotta incontriamo grandi corti rurali come la Mariona, la Mambrottina, la Falcona, la Pantina, che trovarono la loro popolarità nel corso del cinquecento quando si introdusse nella bassa sanmartinese la coltivazione del riso. Nel corso dell’Ottocento, ma soprattutto nel primo decennio del Novecento il paese di S. Martino conosce uno sviluppo industriale, artigianale e commerciale importante. Si costruiscono le nuove industrie, come lo zuccherificio Ligure-Lombardo, l’oleificio Oss-Mazzurana delle Ferrazze, la Cereria Barbieri, il cotonificio Crespi e l’oleificio di Mario Sacchetti. La vocazione industriale dell’area sanmartinese è confermata dalla costruzione della nuova zona industriale nel 1958 ed ultimamente con una trasformazione legata più al terziario ed al commerciale.

Ultima modifica: venerdì, 11 agosto 2023

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